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Scegliere il Miglior Terreno per la Pianta di Cannabis

La terra è l’elemento chiave nella coltivazione: Il terreno è composto da una miriade di particelle e da materia organica. Inoltre, contiene l’acqua e l’aria necessarie per la sopravvivenza della pianta.
Le radici penetrano all’interno del terreno per accedere a tutti i nutrimenti. I fattori che contribuiscono alla penetrazione nella terra sono:
- Consistenza
- PH
- Nutrimenti presenti
Occorre trovare il giusto compromesso che permetta sia una buona penetrazione delle radici che la ritenzione di acqua e ossigeno, oltre che un buon drenaggio.
La Consistenza del Terreno: qual è il migliore per la vostra coltivazione
Un terreno argilloso o di creta è costituito da minuscole particelle di minerali che, dopo essersi bagnate, si ammassano – rallentando il drenaggio e la penetrazione delle radici.
I terreni sabbiosi, invece, sono composti da particelle più grosse, le quali permettono la penetrazione delle radici e una buona aerazione. Bisognerà, però, innaffiarli frequentemente, dato che la loro capacità di trattenere l’acqua è molto scarsa.
Il terriccio limoso è ideale per coltivare Cannabis: è un mix fra argilla, limo e sabbia. Le dimensioni delle varie particelle trovano molti punti porosi, che permettono un buon drenaggio – pur trattenendo le sostanze nutritive al suo interno.
È comunque possibile utilizzare degli ammendanti per migliorare un terreno non ottimale. In commercio si possono trovare pellet di argilla espansa e perlite che aiutano a migliorare la porosità del terreno.
Il pH del Terreno e dell’Acqua: una questione di giusto dosaggio
Il pH del terreno è fondamentale per permettere alla pianta di trarre i nutrimenti necessari. La scala del pH va 1 (valore più acido) a 14 (valore più basico). Le misure e i controlli effettuati dovranno essere precisi, in quanto ogni punto di variazione del pH equivale ad un incremento o un calo di 10 volte superiore dell’acidità o basicità.
Il terreno migliore dovrà presentare un pH fra 6,5 e 7: è in questo intervallo che la Cannabis riesce ad estrarre e ad assimilare adeguatamente le sostanze nutritive.
Nel caso di un pH troppo basso (acido) i sali acidi si legano chimicamente ai fertilizzanti, impedendone l’assorbimento da parte della pianta.
Un terreno con un PH elevato (quindi basico) renderebbe inassimilabili le sostanze nutritive e limiterebbe l’assorbimento di acqua da parte delle radici.
Oltre al pH del terreno, occorrerà controllare anche quello dell’acqua di irrigazione, che varia di paese in paese. Nel caso in un l’acqua abbia un pH troppo alto o troppo basso, si modificherà anche il pH del substrato.
Anche le condizioni climatiche possono influire sul pH dell’acqua di irrigazione, per cui bisognerà misurarlo almeno una volta a settimana.
La temperatura del terreno: quella ideale è compresa tra i 18° e i 24° C.
Oltre i 39°C, le radici si disidratano e cuociono lentamente a temperature maggiori, poiché il terreno all’interno del vaso si scalda con facilità. Anche se si usasse una lampada e questa dovesse essere troppo vicina al vaso, è probabile che il terreno al suo interno si riscaldi.
Nel caso in cui la temperatura del terreno dovesse aumentare, i processi chimici al suo interno avverrebbero più velocemente e potrebbe accelerare anche l’assimilazione. Un terreno freddo rallenterebbe l’assorbimento di acqua e nutrienti impedendo la crescita.
Se invece la coltivazione è in una serra, occorrerà ricoprire il vaso con un materiale bianco come un sacco o un altro vaso per respingere i raggi solari. Un calore eccessivo porta alla distruzione delle radici rallentando la crescita della pianta.
I Nutrimenti: la tua pianta ha bisogno di ‘mangiare sano’
Il miglior ammendante per il terreno è il letame di bovino o equino (quest’ultimo è forse il migliore) in quanto è un’ottima fonte di sostanze adatte alla crescita della canapa.
Per una buona crescita, la pianta necessita di quantità simili di azoto, potassio e fosforo, una buona quantità di calcio oltre ai vari micro-nutrimenti come magnesio, zolfo e ferro. Nelle diverse fasi di crescita, queste sostanze saranno assimilate dalla pianta in diverse proporzioni.
Nella prima fase, cioè quella della crescita, la pianta necessita quantità relativamente piccole di fertilizzante (spesso già presente nel terreno di crescita).
Per uno buono e rapido sviluppo, la piante necessita di una grande quantità di azoto (senza far mancare comunque potassio e fosforo), favorendo anche la percentuale di piante femmine.
Attenzione alle dosi: un eccesso di azoto potrebbe prolungare la fase vegetativa e ritardare la fioritura.
Dalla fioritura in poi la pianta avrà bisogno di maggior potassio, per rami e stelo più robusti, e di fosforo per la produzione di fiori.
Per le coltivazioni di canapa da fibra e da seme, generalmente, il fertilizzante è già incorporato nel terreno.
Per le coltivazioni indoor o in serra in contenitori è preferibile usare un fertilizzante liquido da mischiare all’acqua.
Fonte: Marijuana: Orticoltura della Cannabis | Jorge Cervantes 2009
Cannabis
Cannabis e Microdosi: I vantaggi di un consumo Moderato

Viviamo nell’epoca in cui la corsa allo strain più forte e alti contenuti di THC significano tutto. C’è però una crescente comunità di sostenitori della Cannabis che spinge per un consumo più moderato della sostanza. Questa tecnica è chiamata “microdosing” o micro dosi, una tendenza sempre più apprezzata soprattutto fra i più grandi.
Cos’è il Microdosing?




Chi utilizza questa tecnica la preferisce al normale consumo perché permette di apprezzare i benefici del THC senza però dover affrontare gli effetti psicoattivi che possono interferire con le esigenze della vita quotidiana.
Il Microdosing è una tecnica già utilizzata con altre sostanze come l’LSD, molti però credono che questa può funzionare efficacemente anche per la Cannabis con alti contenuti di THC.
“Quando si assume una dose elevata si ottengono minori benefici e talvolta si ottiene l’effetto contrario a quello ricercato. Un po’ di cannabis può aiutare a ridurre l’ansia, mentre troppa invece può causarla”
afferma un medico del Maine.
Cosa comporta il Microdosing in ambito Terapeutico?
Il Microdosing viene consigliato principalmente ai pazienti che vogliono trattare condizioni e patologie quali: ansia, depressione, stress, dolore, migliorare la concentrazione e favorire il sonno.
Anche se mancano ancora le prove empiriche, molte cliniche affermano che in ambito terapeutico è meglio assumere piccole dosi di THC.
Qual è il dosaggio ottimale per la Cannabis?




La risposta è semplice ed è: dipende. C’è una enorme differenza nella quantità di THC contenuta nei vari fiori e hash.
Il microdosing è quindi qualcosa di molto personale, ogni individuo dovrebbe essere consapevole della quantità minima necessaria per sentire un effetto, ma anche di quella massima per non andare ko. Alcuni studiosi consigliano di partire con 2,5mg (2% circa di THC) per poi aumentare progressivamente laddove necessario.
Per chi consuma cannabis abitualmente o sta sviluppando una certa tolleranza al principio attivo, si raccomanda un periodo di astinenza di 48 ore, sufficiente per poter ripristinare il sistema endocannabinoide.
Anche se può sembrare una finestra temporale relativamente breve dopo anni di utilizzo, uno studio basato sull’imaging celebrale dimostra che dopo solo 2 giorni i recettori del sistema tornano ai livelli basali.
Pertanto la tecnica del Micro Dosing o micro dosi potrebbe aiutarti ad apprezzare maggiormente la cannabis e i suoi benefici.
Cannabis
Come Pulire l’Hashish dal Taglio

Nonostante ciò, è assolutamente illegale venderlo, consumarlo e produrlo.
Parliamo di un’enorme industria illegale che guadagna 23milioni di dollari ogni anno
Eppure in Marocco, purtroppo, i coltivatori e i produttori sono i più poveri e i più sfruttati – anche se produrre la resina e lavorarla non è costoso, essendo le piante coltivate outdoor.
Ad essere costoso è trasportarla illegalmente da un paese all’altro: una volta arrivata in Europa, il prezzo della resina aumenta anche del 300-400%.
Dati i numeri, l’interesse ad adulterare il fumo sembra ovvio: con pochi grammi di taglio si possono raddoppiare gli introiti
Ma c’è anche interesse a non fare stare male i consumatori, altrimenti non ci sarebbe mercato. Per questo motivo l’industria marocchina ha trovato soluzioni fantasiose (e neanche troppo nocive) per adulterare il fumo, pur garantendo hashish di aspetto e consistenza uguali ai fumi di ottima qualità.
Partendo da resina di scarsa qualità, le panette vengono tagliate con qualcosa che le renda friabili e sabbioso, come la colofonia (resina di pino); gli ovuli invece vengono adulterati con paraffina grezza o olio di cannabis (non illudetevi: anche questo è di qualità bassissima), per farli sembrare più morbidi e malleabili.
In generale, dato il basso costo di produzione, il fumo non è tanto tagliato come siamo invece portati a pensare: in certi casi costa molto di più comprare chili di sostanze adulteranti che produrre hashish puro e di qualità. Tutto ciò non limita le organizzazioni mafiose, soprattutto chi rifornisce le grandi piazze europee, ad adulterare pesantemente il fumo rendendolo irriconoscibile, con poco principio attivo e duro visti i metodi di conservazione.
Quindi come si può pulire il fumo che si ritiene tagliato?
Mentre i prodotti di taglio sono solubili in acqua e fondono a temperature medio basse, la resina è composta da tricomi formati da una membrana esterna cerosa, che la rende insolubile in acqua.
Anche la cera di pino è insolubile (come altri adulteranti), ma rispetto alla resina di cannabis fonde facilmente a temperature non troppo elevate (60°-135°), come nel caso dell’acqua bollente.
In sostanza, basta mettere il fumo fatto a pezzettini in una pentola piena d’acqua che bolle a fiamma bassa (90°-100°). Dopo di ciò, aspettare qualche ora: il materiale di scarto si distaccherà dalla resina, lasciando l’acqua sporca e scura.
Una volta terminato il procedimento, è necessario filtrare l’acqua (anche con i filtri da caffè) per recuperare tutta la resina e metterla ad asciugare, prima all’aria aperta e poi in freezer, finché non recupera il suo aspetto originale. Per rendere più facile il recupero di tutto il materiale pulito si può usare una bustina da tè vuota dove mettere il fumo sbriciolato. Se l’hashish è particolarmente tagliato questo procedimento si dovrà fare più volte, fino a quando l’acqua non rimarrà quasi trasparente.
N.B. Non è un metodo sempre efficace, infatti va bene per certi tipi di tagli ma non per tutti.
A volte il fumo che non ci sembra buono – o che sembra tagliato – potrebbe semplicemente essere una seconda o una terza battitura. Sapere con precisione quale adulterante è stato usato è possibile solo tramite analisi di laboratorio.
Purtroppo fino a quando il mercato nero fa da sovrano non ci sarà nessun tipo di garanzia per i consumatori e l’unico modo per capire se ci stiamo avvelenando o no, è l’esperienza.
Fonti:
https://it.wikipedia.org/wiki/Colofonia#Patologie_legate_alla_manipolazione
https://it.wikipedia.org/wiki/Paraffina
https://www.tni.org/files/publication-downloads/dpb_49_eng_web.pdf
Guide
Guida alla Preparazione dell’Olio di Canapa al CBD

In questo tutorial vedremo come preparare a casa l’olio di CBD andando ad estrarre il principio attivo con l’alcol etilico.
Il prodotto che andremo ad estrarre avrà un contenuto di CBD fino al 60%, questo vuol dire che in 1 litro di soluzione raffinata possiamo avere fino a 600 grammi di CBD puro.
È importante quindi, una volta finito il processo di estrazione, andare a diluire questo Concentrato all’interno di Oli alimentari.
Diluire l’Estratto di CBD per l’uso Orale
Il CBD così come il THC è una molecola Lipsolubile, e può diluirsi quindi solamente nei grassi e non nell’acqua (Idrosolubile). La scelta nella nostra guida è ricaduta su un altro prodotto estraibile dalla Cannabis Industriale, ovvero l’Olio di Semi di Canapa che ha delle qualità organolettiche più uniche che rare.
Difatti questo, per via delle grandi concentrazioni di Oli essenziali e Grassi Buoni (Omega-3, Omega-6 ecc) risulta essere uno degli alimenti più completi e nutrienti al mondo.
Uno dei difetti dell’Olio di Semi di Canapa è spesso il suo gusto poco convenzionale e molto corposo, molti infatti preferiscono diluire l’estrazione di CBD in oli vegetali più neutri, come: l’Olio EVO d’Oliva o l’Olio di Cocco (molto utilizzato per via della sua neutralità).
Calcolare la Quantità di CBD nell’Olio di Canapa
Consumare l’Estratto nella sua forma “pura” potrebbe non essere così piacevole, o meglio potrebbe non piacere a tutti per il suo gusto pungente !
Pertanto è importante, nel momento della diluizione in oli vegetali, capire quanto estratto aggiungere a questo.
Sul mercato si trovano spesso flaconi da 10ml al 4, 10 o 20 % di CBD. Per capire la quantità reale di CBD (si misura in grammi e non litri) presente nel flacone bisogna effettuare una semplice operazione aritmetica.
Il Contenuto di CBD è uguale al Contenuto Totale del Flacone fratto 100 e moltiplicato per la percentuale indicata sulla boccetta.
Quindi un Olio di CBD 10ml al 4% conterrà: CBD = 10 (ml) / 100 * 4 (percentuale) > 0,1 * 4 > 0,4 (400mg) grammi di CBD Puro.
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